Quando mi sono avvicinata al mondo del tango, ormai qualche anno fa, l’ho fatto come una sorta di terapia di coppia: nella mia mente doveva servire a ravvivare un rapporto un po’ troppo freddo e ingessato.
Avevo scelto proprio il tango sia per la sua conclamata sensualità, sia per un certo mio gusto un po’ snobistico ed elitario che mi allontanava da cose “popolari” come i balli caraibici, sia – molto più prosaicamente – perché secondo me ad ogni coppia fa bene “fare” qualcosa insieme, partendo da zero, cercando di creare dialogo e complicità. Mi sono dunque armata di santa pazienza e ho cominciato a cercare di convincere il mio compagno di allora a accompagnarmi.
"The Tango Lesson", immagine tratta dalla locandina del film. |
Perché – appunto – anch’io ero una neofita.
Un'aspirante tanguera (scritto con la “gue”, mi raccomando, perché la la grafia tanghera, che ha un’accentazione diversa in italiano, ispira ben altre immagini che setosi abiti neri, rose rosse tra i capelli e tacchi mozzafiato...).
E quindi guardavo affascinata la fredda e tutt’altro che tanguera Sally Potter diventare più calda e più donna tra le braccia di Pablo Veron, macho latino che normalmente avrei sdegnato (“mioddio, quella brillantina, che orrore!”), ma che all’interno della splendida fotografia in bianco e nero, all’interno della storia lineare ma incredibilmente romantica del film, acquisiva un fascino irresistibile. E ascoltavo e riascoltavo Libertango, immaginando di danzare perduta tra le braccia di un uomo che avesse la mia stessa sensibilità artistica e musicale... e quell’uomo, ovviamente, doveva essere lui, il mio fidanzato.
Quindi, un bel dì di febbraio (già, il 14, avete intuito bene), ho portato il mio ometto – totalmente ignaro – a una lezione di tango. Credo che lui lo avesse capito per strada, quello che lo attendeva. Eroicamente, ha tirato fuori un sorriso che avrebbe potuto fargli ottenere senza sforzo la parte di protagonista in qualsiasi pubblicità di dentifricio, e ha vinto il fortissimo istinto di fuga che lo aveva preso. E abbiamo fatto la nostra prima lezione di tango.
Naturalmente eravamo di gran lunga i più giovani, con i nostri miseri 23 anni. E già questo era un elemento a sfavore del proseguimento – almeno per lui. In secondo luogo, il cammino per diventare bravi come i maestri si preannunciava lungo e irto di difficoltà. Tra le quali la totale, assoluta, senza speranza mancanza di chitarre elettriche: solo bandoneon.
Ma il mio omino mi amava, e quindi ha accettato di continuare il corso. E di proseguirlo pure l’anno seguente...
[Continua...]
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