Il secondo anno di corso è partito male, tra sbuffi e mugugni. Non certo miei... Io ero elettrizzata, finalmente il mio ballerino cominciava a seguire un po’ la musica, finalmente cominciava ad avere un repertorio di figure un po’ più esteso, finalmente il suo abbraccio aveva acquisito consistenza... Lui invece era isterico, e continuavamo a litigare furiosamente: sulla lunghezza di ogni passo, su di quanti gradi bisognasse girare per uscire nel modo più comodo, sul numero massimo di ochos che gli era consentito farmi fare prima che mi girasse la testa... Tutto si riconduceva a numeri e equazioni, e pochissima poesia. Io però mi divertivo lo stesso, conscia che una volta finita la lezione anche le discussioni più incredibili si sarebbero esaurite naturalmente; lui invece era sempre più stressato.
La maestra era letteralmente entusiasta di lui. Il maestro stravedeva per me. Questo mi galvanizzava, e invece gettava il mio omino nello sconforto più totale (ossignore, una donna che non ero io gli faceva dei complimenti, che paura!). Io non vedevo l’ora di provare a ballare con altri, per imparare, vedere la differenza, crescere come tanguera; lui invece era terrorizzato, e si rifiutava categoricamente di ballare con le altre: solo con me, sempre con me, ballava esclusivamente per farmi contenta, e quindi non potevo pretendere di più.
Io credevo, ormai, che si fosse reso conto anche lui dei benefici derivanti dal corso: ci vedevamo un po’ più spesso, eravamo costretti a parlare e a confrontarci, litigavamo pure, ma sempre in modo costruttivo, perché lo scopo di imparare qualcosa era comune. In realtà no: per lui il sacrificio continuava ad essere enorme, e anzi, probabilmente era sempre più gravoso, man mano che il tempo passava. La prima volta che gli ho offerto l’occasione di smettere di ballare, lui l’ha presa al volo. E abbiamo smesso di seguire il corso... con la sua promessa di portarmi a ballare, di tanto in tanto.
L’abbiamo pure fatto, un paio di volte, ma a me veniva da piangere, perché mentre ballavo pensavo che quella poteva essere il mio ultimo tango...
Ero giovane e innamorata, e pure un po’ timida. Non contemplavo neppure l’ipotesi di andare in milonga senza il mio omino... e quindi ho deciso di non chiedergli più di andarci, e di smettere anche di ascoltare la musica: mi deprimeva troppo.
Ho eliminato il tango dalla mia vita, convinta che fosse comunque più importante mantenere la mia relazione... Per un po’ ha funzionato. Poi però la mia relazione si è esaurita da sola, e mi sono trovata single e con un sacco di tempo libero. Quindi, quale miglior modo del tango, per riempirlo?
Io credevo, ormai, che si fosse reso conto anche lui dei benefici derivanti dal corso: ci vedevamo un po’ più spesso, eravamo costretti a parlare e a confrontarci, litigavamo pure, ma sempre in modo costruttivo, perché lo scopo di imparare qualcosa era comune. In realtà no: per lui il sacrificio continuava ad essere enorme, e anzi, probabilmente era sempre più gravoso, man mano che il tempo passava. La prima volta che gli ho offerto l’occasione di smettere di ballare, lui l’ha presa al volo. E abbiamo smesso di seguire il corso... con la sua promessa di portarmi a ballare, di tanto in tanto.
L’abbiamo pure fatto, un paio di volte, ma a me veniva da piangere, perché mentre ballavo pensavo che quella poteva essere il mio ultimo tango...
Ero giovane e innamorata, e pure un po’ timida. Non contemplavo neppure l’ipotesi di andare in milonga senza il mio omino... e quindi ho deciso di non chiedergli più di andarci, e di smettere anche di ascoltare la musica: mi deprimeva troppo.
Ho eliminato il tango dalla mia vita, convinta che fosse comunque più importante mantenere la mia relazione... Per un po’ ha funzionato. Poi però la mia relazione si è esaurita da sola, e mi sono trovata single e con un sacco di tempo libero. Quindi, quale miglior modo del tango, per riempirlo?