mercoledì 5 settembre 2012

Tango-voyeur

L’altro giorno sono andata a ballare che non avevo tanta voglia di ballare. È un controsenso, apparentemente. Ma ogni tanto, soprattutto se non ballo da molto, vado in milonga anche solo per avere l’illusione di non uscire dal giro, per il gusto di truccarmi e vestirmi ‘da tango’, ossia con cose francamente improbabili da usare quotidianamente, tipo vestiti verdi con frange di 10 centimetri o scollature che, quantomeno, aumentano l’entropia dell’universo di quel bel po’.
Insomma, sono andata da sola, alla chetichella, sono arrivata prestissimo e mi sono seduta in un angolino, nella penombra. Mi andava di guardare.
Parto dalle scarpe femminili, intanto: controllo quante hanno il mio stesso modello (e rosico un po’, ma diamine, sono troppo comode!), invidio quelle che riescono a volteggiare sul tacco 10, controllo quali comprerò non appena guadagnerò più di 400€ al mese. Poi mi stupisco, come ogni volta, di quanto belle siano le donne del tango: sono tutte curate, tutte magre, tutte elegantissime*.
Osservo i loro movimenti, cercando di carpire qualche segreto, qualche adorno al quale non ho ancora pensato o che è ancora troppo rischioso per me (tipo il mini-gancho fatto sul davanti, ma arretrando: ho sempre l’impressione che cadrei rovinosamente tra l’ilarità generale, se mi azzardassi, e quindi non mi azzardo). Osservo i passi degli uomini, cercando di penetrare il loro mistero – perché io quando ballo non penso a niente, e non ho la minima idea di quello che succeda ‘lì sotto’.
Poi emerge il lato maligno (ebbene sì, non sono buona come mi dipingono), e ridacchio tra me e me quando vedo coppie particolarmente comprese nel loro ruolo, che però sono saltellanti e ridicole. Compiango le poverine che sono in balìa di un Animale da Tango, e cercano di sopravvivere alla tanda – si riconoscono perché, credendo di non essere viste, o alzano continuamente gli occhi al cielo in una muta preghiera, oppure hanno la stessa espressione di chi ha un attacco di dissenteria fulminante.
In mezzo a tutta questa osservazione, però, ho accettato un invito regolamentare (mirada + cabeceo), quasi senza accorgermene. Il tanguero, al secondo brano, mi ha detto: «Certo che tu una cosa la sai fare proprio perfettamente». Ah sì, quale? Sono leggerissima, ho un equilibrio meraviglioso, un abbraccio da paura, seguo la musica come se la disegnassi con i piedi? «La tua mirada è irresistibile». Ma uffa, se non la stavo nemmeno facendo!


* Ci sono delle vistose eccezioni, alle quali da mesi mi ripropongo di dedicare un post, e presto lo farò.

domenica 2 settembre 2012

La mirada non è una scienza esatta

Chi legge questo blog, ormai, dovrebbe conoscere la fissazione della sottoscritta per mirada e cabeceo. Ma magari c’è qualche nuovo adepto, oppure qualche lettore curioso che di tango non ha mai sentito parlare, e quindi permettetemi una breve spiegazione.
Il tango è un ballo estremamente mimetico della realtà. Questo significa che ballare il tango è un po’ come una storia d’amore: ci si corteggia, si sceglie un compagno e si… gode di questa relazione, e infine ci si lascia: il tutto in meno di un quarto d’ora, e senza cocci di cuore da raccogliere alla fine. (È una figata, sì!)
Il momento mirada e cabeceo si colloca all’inizio di questa storia, e costituisce le fondamenta del corteggiamento. Letteralmente, questi due termini significano ‘sguardo’ e ‘cenno del capo’, perché l’invito al ballo passa innanzitutto dagli occhi. L’uomo e la donna si scelgono a vicenda, cercando l’uno lo sguardo dell’altra. Quando il contatto visivo con l’uomo (o la donna) con il quale (o la quale) si vuole ballare è certo, appurato con diverse occhiate, si ‘conclude’ l’accordo con un lieve cenno del capo, che deve essere fatto da entrambe le parti – come una firma. A questo punto, l’uomo si avvicina alla donna, evitando di attraversare il centro della pista, per la salute propria e quella degli altri ballerini (che magari stanno già ballando), e si ferma a un paio di metri da lei. A questo punto, solo a questo punto, la ballerina si alzerà dal proprio posto e si accomoderà nel suo abbraccio.
Quest’ultimo accorgimento è fon-da-men-ta-le, mie care lettrici. Infatti, la mirada non è una scienza esatta perché le occhiate non sono sempre precise come puntatori laser (causa pure la perenne penombra in cui vengono lasciate le milonghe). E quindi, può capitare che, ancora sorpresa e gongolante dopo il cabeceo dato in risposta a quello del ballerino stratosferico che vi si sta avvicinando con passo elegante, quando voi siete già scattate in piedi e con un balzo avete raggiunto la pista, lui invece scarta sulla sinistra e prende la mano della bionda in abito rosso fasciante che era seduta vicina a voi. Allora lì vorreste sprofondare: voi sei in piedi, in attesa, lui vi ha guardato con un sorriso di scuse, lei con uno di superiorità, e l’unica cosa da fare è proseguire verso i bagni, cercando di mantenere un contegno dignitoso.
La mirada non è una scienza esatta anche perché ogni tanto, per quanto voi fissiate il tanguero dei vostri sogni per ore ed ore, se lui non ci pensa proprio a invitarvi, non lo farà. Nemmeno se gli passeggiate davanti tutta la sera, lo tampinate mentre va al bar e pure quando va al bagno. E in questo caso, tentare di invitarlo a voce potrebbe non rivelarsi una buona idea: probabilmente, non è che non vi abbia notato, probabilmente lui davvero non vuole ballare con voi.