L’altro giorno sono andata a ballare che non avevo tanta
voglia di ballare. È un controsenso, apparentemente. Ma ogni tanto,
soprattutto se non ballo da molto, vado in milonga
anche solo per avere l’illusione di non uscire dal giro, per il gusto di
truccarmi e vestirmi ‘da tango’, ossia con cose francamente improbabili da
usare quotidianamente, tipo vestiti verdi con frange di 10 centimetri o
scollature che, quantomeno, aumentano l’entropia dell’universo di quel bel po’.
Insomma, sono andata
da sola, alla chetichella, sono arrivata prestissimo e mi sono seduta in un
angolino, nella penombra. Mi andava di
guardare.
Parto dalle scarpe femminili, intanto: controllo
quante hanno il mio stesso modello (e rosico un po’, ma diamine, sono troppo
comode!), invidio quelle che riescono a volteggiare sul tacco 10, controllo
quali comprerò non appena guadagnerò più di 400€ al mese. Poi mi stupisco, come
ogni volta, di quanto belle siano le
donne del tango: sono tutte curate, tutte magre, tutte elegantissime*.
Osservo i loro
movimenti, cercando di carpire qualche
segreto, qualche adorno al quale
non ho ancora pensato o che è ancora troppo rischioso per me (tipo il mini-gancho fatto sul davanti, ma arretrando:
ho sempre l’impressione che cadrei rovinosamente tra l’ilarità generale, se mi
azzardassi, e quindi non mi azzardo). Osservo
i passi degli uomini, cercando di penetrare il loro mistero – perché io
quando ballo non penso a niente, e non ho la minima idea di quello che succeda ‘lì
sotto’.
Poi emerge il lato maligno (ebbene sì, non
sono buona come mi dipingono), e ridacchio tra me e me quando vedo coppie particolarmente
comprese nel loro ruolo, che però sono saltellanti e ridicole. Compiango le poverine che sono in balìa di un Animale
da Tango, e cercano di sopravvivere alla tanda – si riconoscono perché, credendo di non essere viste, o alzano
continuamente gli occhi al cielo in una muta preghiera, oppure hanno la stessa
espressione di chi ha un attacco di dissenteria fulminante.
In mezzo a tutta
questa osservazione, però, ho accettato
un invito regolamentare (mirada +
cabeceo), quasi senza accorgermene.
Il tanguero, al secondo brano, mi ha
detto: «Certo che tu una cosa la sai fare proprio perfettamente». Ah sì, quale?
Sono leggerissima, ho un equilibrio meraviglioso, un abbraccio da paura, seguo
la musica come se la disegnassi con i piedi? «La tua mirada è
irresistibile». Ma uffa, se non la stavo nemmeno facendo!
* Ci sono delle vistose eccezioni, alle quali da mesi mi ripropongo
di dedicare un post, e presto lo farò.