giovedì 11 ottobre 2012

Le "mondane" del tango

Come ho già avuto occasione di dire qui e pure qui, le donne del tango sanno essere delle gran fighe. Inutile dirvi che io faccio parte di questa schiera.
Ma ci sono delle vistose eccezioni... 'vistose' nel senso etimologico del termine: impossibile che passino inosservate.
Legate forse a un’idea un po’ obsoleta del tango, fatto di rose in bocca, spacchi e calze a rete, in milonga si possono vedere degli spettacoli che nemmeno in un casino di inizio secolo. Va bene, i puristi mi diranno che è proprio lì che il tango ha visto i suoi non tanto gloriosi natali, ma insomma, da allora ne è passata, di acqua sotto i ponti, e noi donne del Duemila direi che sarebbe il caso che ci tenessimo aggiornate.
Esiste almeno una "mondana" per milonga, e spesso ci è talmente affezionata che ormai viene confusa col mobilio: c’è sempre, e spesso non frequenta altre milonghe all’infuori della sua ("mondana" sì, ma fedele). A prima vista, le si dà un’età compresa tra i venti e i sessant’anni; io, in quanto donna, non mi ci sono mai avvicinata abbastanza da poter dare una stima più precisa (dovrei chiedere a qualche amico maschio). Lo strato di trucco sotto il quale si nasconde, infatti, è talmente spesso che ci vorrebbe un archeologo per compiere gli scavi necessari a valutare. Un archeologo preistorico, probabilmente.
Viso, quindi, di un omogeneo color terra di siena bruciata (per la variante bronzée) o grigio cipria (per la variante pupée), ma labbra sempre e vistosamente rosso fuoco; gli occhi esprimono un tentativo malriuscito di creare un effetto smokey, ma il risultato è piuttosto Sposa Cadavere.
L’abbigliamento delle "mondane" corrisponde poi ai più triti cliché di tango: cromaticamente, non ci si scosta dal nero e dal rosso, meglio se in abbinata, meglio se paillettati. Più un po’ di doratino, tanto per assicurarsi di non passare inosservate. La mise deve essere rigorosamente cortissima, oppure – in alternativa – avere uno spacco attraverso il quale si vedono (se si è fortunati) le mutande. Le calze a rete, infatti, hanno le maglie talmente larghe che se fossero usate come reti da pesca lascerebbero passare perfino i tonni: l’effetto coprente è quindi una mera utopia.
Per finire, pizzo effetto vedo-non vedo-VEDO a metri, del resto pure i romani lo dicevano, no? « Melius abundare quam deficere ».
In effetti, l’unica deficienza delle "mondane" è la loro, mentale: per il resto abbondano di tutto, dal cattivo gusto alla volgarità.

mercoledì 5 settembre 2012

Tango-voyeur

L’altro giorno sono andata a ballare che non avevo tanta voglia di ballare. È un controsenso, apparentemente. Ma ogni tanto, soprattutto se non ballo da molto, vado in milonga anche solo per avere l’illusione di non uscire dal giro, per il gusto di truccarmi e vestirmi ‘da tango’, ossia con cose francamente improbabili da usare quotidianamente, tipo vestiti verdi con frange di 10 centimetri o scollature che, quantomeno, aumentano l’entropia dell’universo di quel bel po’.
Insomma, sono andata da sola, alla chetichella, sono arrivata prestissimo e mi sono seduta in un angolino, nella penombra. Mi andava di guardare.
Parto dalle scarpe femminili, intanto: controllo quante hanno il mio stesso modello (e rosico un po’, ma diamine, sono troppo comode!), invidio quelle che riescono a volteggiare sul tacco 10, controllo quali comprerò non appena guadagnerò più di 400€ al mese. Poi mi stupisco, come ogni volta, di quanto belle siano le donne del tango: sono tutte curate, tutte magre, tutte elegantissime*.
Osservo i loro movimenti, cercando di carpire qualche segreto, qualche adorno al quale non ho ancora pensato o che è ancora troppo rischioso per me (tipo il mini-gancho fatto sul davanti, ma arretrando: ho sempre l’impressione che cadrei rovinosamente tra l’ilarità generale, se mi azzardassi, e quindi non mi azzardo). Osservo i passi degli uomini, cercando di penetrare il loro mistero – perché io quando ballo non penso a niente, e non ho la minima idea di quello che succeda ‘lì sotto’.
Poi emerge il lato maligno (ebbene sì, non sono buona come mi dipingono), e ridacchio tra me e me quando vedo coppie particolarmente comprese nel loro ruolo, che però sono saltellanti e ridicole. Compiango le poverine che sono in balìa di un Animale da Tango, e cercano di sopravvivere alla tanda – si riconoscono perché, credendo di non essere viste, o alzano continuamente gli occhi al cielo in una muta preghiera, oppure hanno la stessa espressione di chi ha un attacco di dissenteria fulminante.
In mezzo a tutta questa osservazione, però, ho accettato un invito regolamentare (mirada + cabeceo), quasi senza accorgermene. Il tanguero, al secondo brano, mi ha detto: «Certo che tu una cosa la sai fare proprio perfettamente». Ah sì, quale? Sono leggerissima, ho un equilibrio meraviglioso, un abbraccio da paura, seguo la musica come se la disegnassi con i piedi? «La tua mirada è irresistibile». Ma uffa, se non la stavo nemmeno facendo!


* Ci sono delle vistose eccezioni, alle quali da mesi mi ripropongo di dedicare un post, e presto lo farò.

domenica 2 settembre 2012

La mirada non è una scienza esatta

Chi legge questo blog, ormai, dovrebbe conoscere la fissazione della sottoscritta per mirada e cabeceo. Ma magari c’è qualche nuovo adepto, oppure qualche lettore curioso che di tango non ha mai sentito parlare, e quindi permettetemi una breve spiegazione.
Il tango è un ballo estremamente mimetico della realtà. Questo significa che ballare il tango è un po’ come una storia d’amore: ci si corteggia, si sceglie un compagno e si… gode di questa relazione, e infine ci si lascia: il tutto in meno di un quarto d’ora, e senza cocci di cuore da raccogliere alla fine. (È una figata, sì!)
Il momento mirada e cabeceo si colloca all’inizio di questa storia, e costituisce le fondamenta del corteggiamento. Letteralmente, questi due termini significano ‘sguardo’ e ‘cenno del capo’, perché l’invito al ballo passa innanzitutto dagli occhi. L’uomo e la donna si scelgono a vicenda, cercando l’uno lo sguardo dell’altra. Quando il contatto visivo con l’uomo (o la donna) con il quale (o la quale) si vuole ballare è certo, appurato con diverse occhiate, si ‘conclude’ l’accordo con un lieve cenno del capo, che deve essere fatto da entrambe le parti – come una firma. A questo punto, l’uomo si avvicina alla donna, evitando di attraversare il centro della pista, per la salute propria e quella degli altri ballerini (che magari stanno già ballando), e si ferma a un paio di metri da lei. A questo punto, solo a questo punto, la ballerina si alzerà dal proprio posto e si accomoderà nel suo abbraccio.
Quest’ultimo accorgimento è fon-da-men-ta-le, mie care lettrici. Infatti, la mirada non è una scienza esatta perché le occhiate non sono sempre precise come puntatori laser (causa pure la perenne penombra in cui vengono lasciate le milonghe). E quindi, può capitare che, ancora sorpresa e gongolante dopo il cabeceo dato in risposta a quello del ballerino stratosferico che vi si sta avvicinando con passo elegante, quando voi siete già scattate in piedi e con un balzo avete raggiunto la pista, lui invece scarta sulla sinistra e prende la mano della bionda in abito rosso fasciante che era seduta vicina a voi. Allora lì vorreste sprofondare: voi sei in piedi, in attesa, lui vi ha guardato con un sorriso di scuse, lei con uno di superiorità, e l’unica cosa da fare è proseguire verso i bagni, cercando di mantenere un contegno dignitoso.
La mirada non è una scienza esatta anche perché ogni tanto, per quanto voi fissiate il tanguero dei vostri sogni per ore ed ore, se lui non ci pensa proprio a invitarvi, non lo farà. Nemmeno se gli passeggiate davanti tutta la sera, lo tampinate mentre va al bar e pure quando va al bagno. E in questo caso, tentare di invitarlo a voce potrebbe non rivelarsi una buona idea: probabilmente, non è che non vi abbia notato, probabilmente lui davvero non vuole ballare con voi.

lunedì 6 agosto 2012

Lezioni di mazurka

Sono in vacanza. Pace, relax, nessun pensiero, finalmente. L’unico problema è che, nella sperduta valle delle Dolomiti dove mi trovo, di tango argentino non c’è nemmeno l’ombra.
E quindi mi sto attrezzando come posso: tanta musica da ascoltare e studiare (14 giga, yeah!), libri di tango, la pagina di todotango.com perennemente aperta...
La teoria però non può bastare, a una ballerina scatenata come me, e quindi ho trovato un surrogato divertentissimo: le sagre. Infatti, ogni settimana (e anche più spesso) c’è una meravigliosa e molto caratteristica festa paesana, ciascun villaggio in (più o meno benevola) competizione con l’altro, in una rivalità che li spinge a continue gare di originalità e di cucina – per cui, tra l’altro, mi sto ingozzando con una certa soddisfazione di polenta, pastin, bóia, formaggio fritto e altre specialità locali, con buona pace della dieta.
Il momento della sagra che preferisco in assoluto, però, è il tardo pomeriggio, in cui band improbabili dai nomi ancora più improbabili (da Avanzi di balera a Le sprizzanti Iris e Sue Ellen) animano musicalmente la serata, e arzilli vecchietti si scatenano sulla pista da ballo – generalmente un 4x4 metri di compensato. Ebbene, i suddetti vecchietti sono davvero arzilli, e davvero scatenati! Tengono ritmi che io, che ho all’incirca un terzo dei loro anni, mi posso solo sognare. Ma ci provo, in fondo il ballo liscio è davvero una banalità, in confronto al tango argentino: per intenderci, è un po’ come Nek paragonato a Franco Battiato.
Il problema, però, è che, se io sono dotata dei quantitativi minimi di intuizione, coordinazione e senso del ritmo necessari a cavarmela in qualche modo in pista, il mio omino no. E quindi mi trovo a tenere improbabili lezioni di mazurka, circondata da vecchietti bionici che sorridono sotto i baffi volteggiando come trottole, scandendo forsennatamente il tempo: « Unò, duettré, unò, duettré, ma insomma, amore, ma come fai a non sentire il rimo, non senti che è ternario? Guarda, prima la destra (sinistr, destr) e poi la sinistra (destr, sinistr), bravo, così, eh no, non devi andare per conto tuo, senti la musica, la MUSICA! ».
Magari non vinceremo i prossimi campionati italiani, ma almeno smaltiamo la polenta e il formaggio fritto.

mercoledì 1 agosto 2012

Animali da tango (6) - Quello che Gocciola nel Tuo Decolleté

7. Quello che Gocciola nel Tuo Decolleté 

grado di pericolosità **
grado di fastidiosità ****

Quello che Gocciola nel Tuo Decolleté è un esemplare vagamente viscido, vagamente schifido, ma se balla bene glielo si perdona. Infatti, purtroppo, non è una caratteristica, l’ipersudorazione, controllabile, e quindi merita un occhio pietoso.  

Ciò nonostante, è sempre sorprendente quando si balla per la prima volta in assoluto con un rappresentante di questa specie: nella foga della danza, ormai già consapevoli della sua sovrabbondante traspirazione – è in un bagno di sudore –, sentite qualcosa che casca nella vostra scollatura. Sorprese, vi chiedete che cosa possa essere, magari vi siete immaginate tutto? 

lunedì 9 luglio 2012

Il blog va in vacanza...


Io no, però! Temo che nelle prossime due settimane sarò troppo impegnata per scrivere sul blog, devo badare a una manica di adolescenti con gli ormoni in subbuglio. Prometto che quando torno – se sarò ancora viva – recupererò tutto!
Intanto, buone vacanze e buona estate a tutti!

martedì 3 luglio 2012

10 modi per scaricarlo (con grazia) in milonga

Quale donna può affermare di non aver mai desiderato di aver rifiutato un invito, arrivato magari prepotentemente con un colpo sulla spalla, una volta che si sia trovata in mezzo alla pista, abbarbicata a un polipone puzzolente e forforoso, cercando di sopravvivere a calci e pestoni?
Ecco allora a voi un prontuario di scuse garantite al 100% per rifiutare un invito indesiderato. Dalla scusa più classica (che talvolta è pure vera) a quella più arzigogolata e istruttiva, come togliersi dai piedi (anche per sempre) i ballerini più fastidiosi e inopportuni della milonga!

1.        Mi spiace, ma... ho male ai piedi.
È la scusa più gettonata in assoluto, talmente è verosimile. Ormai però gli uomini hanno mangiato la foglia, per cui molto facilmente torneranno a invitarvi dopo un po’; ma può anche capitare che si offendano a morte per la sua banalità, e allora non li vedrete mai più.
2.       Mi spiace, ma... sto raccogliendo le forze per dopo, sono esausta.
Anche questa scusa è molto gettonata e verosimile. Certo, se manca un quarto d’ora alla fine della serata verrete smascherate facilmente.
3.       Mi spiace, ma... stavo giusto per andare a incipriarmi il naso.
Scusa leggermente démodé, ma sempre piena di grazia. Ovviamente, non serve che andiate davvero a incipriarvi il naso, in bagno potete fare quello che volete, basta perdere quei 5 minuti.
4.      Mi spiace, ma... sto aspettando un’amica.
Scusa tranquilla, che non garantisce però il successo al 100% durante l’intera serata: l’inopportuno potrebbe tornare alla carica più tardi, magari pure con la vostra amica.
5.       Mi spiace, ma... sto aspettando un amico.
Variante leggermente più efficace (e maligna) della precedente: gli uomini in milonga si sentono sempre galletti nel pollaio, quindi ribadire la presenza di un ‘amico’ uomo al vostro fianco scoraggerà l’importuno dall’invitarvi ancora.
6.       Mi spiace, ma... ballo solo Antonio Bonavena/Francisco Rotundo/José Servidio (o qualsiasi direttore o compositore misconosciuto...).
Fate un giro su todotango.com per prendere ispirazione. Questa scusa non funziona se il seccatore è un fissato di musica e la conosce più di voi; onde evitare che torni a invitarvi durante la serata, quando parte la tanda di Antonio Bonavena/Francisco Rotundo/José Servidio, mettetevi d’accordo con il musicalizador.
7.       Mi spiace, ma... ho fatto voto di castità tanguera, posso ballare solo con mio marito.
Questa scusa non dà spazio a fraintendimenti. E del resto, se il tango è una religione, perché non dovrebbe avere i suoi fanatici?
8.       Mi spiace, ma... ballo solo con gli uomini vestiti a pois rossi e verdi, con la cresta punk.
Scusa quasi lirica, anche perché consente una grandissima libertà espressiva: potreste voler ballare solo con clown con sei dita, pirati con una gamba di legno, pompieri in divisa...
9.       Mi spiace, ma... non sono una campionessa di apnea, non credo di farcela 10 minuti senza respirare.
Scusa sottilmente insinuante, forse al puzzone cronico potrebbe servire una scusa più esplicativa. Ma in fondo, se non si lava, fatti suoi. Basta che non pretenda di ballare con voi.
10.    Mi spiace, ma... sono allergica alla forfora.
Non si può provare nient’altro che venerazione nei confronti delle caritatevoli sacerdotesse della dea Igiene che usano questa scusa, sacrificando la loro potenziale tanda in nome di un Bene superiore, avendo ripercussioni positive per l’intera comunità delle ballerine!

lunedì 2 luglio 2012

Un ‘cantiere’ del tango a Parigi

Le Chantier, a Parigi, è un appuntamento imprescindibile per ogni tanguero. Il sabato, dopo l’apéro, le petit resto e – magari – un salto al 18 di Montmartre o in un’altra milonghetta carina, per ‘finire la nottata’ si va allo Chantier, a Montreuil (fermata della metro 9, Croix de Chavaux). Come ho anticipato nel post precedente, è una sala un po’ fuori mano, ma abbastanza grande per gli standard parigini.
La serata inizia alle 9 e mezza. Di fatto, però, Le Chantier si comincia a popolare da mezzanotte in poi: la gente arriva tardi, dopo altre feste e altre serate, tanto qui si balla fino al mattino (colazione delle 4.30 inclusa)... Ufficialmente fino alle 7, ma io sono crollata alle 8 e mezza, e c’erano irriducibili che continuavano!
Questa milonga esercita un fascino particolare, ho conosciuto gente che viene apposta da tutta Europa per ballare qui. Eppure non è particolarmente elegante, anzi direi che è piuttosto rustica: panche di legno, parquet non particolarmente liscio, bagni che rasentano il limite dell’igienico... Ma rispetto a tante altre milonghe parigine, la musica è curata (ci sono veri musicalizadores alla consolle, e spesso sono italiani), e soprattutto qui si radunano, senza eccezione, i migliori ballerini di tutta la capitale, e non solo. Il che, in una città in cui il terribile fenomeno della ‘dispersione dei bravi tangueri’ raggiunge picchi allarmanti (dal momento che si deve scegliere ogni giorno tra almeno 5 milonghe diverse, e durante il fine settimana almeno 10), è rassicurante. Andare allo Chantier è una garanzia.
Questo però non significa che non ci siano problemi e difficoltà: io ho frequentato le milonghe di Parigi per un anno, ballo da sei, eppure moltissimi ballerini autoctoni – più o meno bravi – che ho ‘mirato’ per mesi non si sono mai degnati di rispondere all’invito. Capiterà quindi di rimanere anche più di un’ora seduti con un sorriso da paresi stampato in faccia. Tanto più che a Parigi vige la fastidiosa abitudine di non svuotare la pista alla fine di ogni tanda: le coppie rimangono ferme, in piedi, a parlare, e poi continuano a ballare insieme anche per una, due ore di fila. Capirete che per le donne sedute (sempre più numerose degli uomini) questa può essere una tragedia!
Inoltre, visto l’alto livello generale dei ballerini (sconsiglio di andare allo Chantier a chi non ha almeno tre anni di esperienza), la tendenza è un po’ quella all’esibizione, a scapito dell’ordine e del rispetto delle regole in pista. Non è infrequente sentire guaiti di dolore causati dalle stilettate dei tacchi delle tangueras nei polpacci.
Altro avviso per le ballerine nostrane, italiane, mediterranee: preparatevi psicologicamente a trovarvi davanti uno stuolo di francesine tirate a lucido: il che significa alte, magrissime, preferibilmente bionde e moooolto chic. Inoltre, queste specie di modelle di Dior prestate al tango di solito hanno una tecnica e una grazia invidiabili – anche se per età potrebbero essere le vostre sorelline minori o addirittura le vostre figlie. Insomma, la concorrenza è sleale, ma quando il gioco si fa duro...
Il consiglio spassionato: rimanete allo Chantier fino alla fine, conservate qualche forza per le ultime ore, quando la pista è semivuota e i ballerini che rimangono sono i più bravi. E poi, tornando a casa, fermatevi a prendere un fragrante croissant au beurre, prima di crollare a letto e dormire tutto il giorno.

sabato 30 giugno 2012

Parigi non è un posto per Balbutiant!

Mi scuso per la latitanza, ma sono giorni intensi di viaggi: ora sono a Parigi. Non ho mai tempo di mettermi davanti al computer, c’è sempre qualcos’altro da fare! Nelle mie peregrinazioni tanguere (neanche tante, comunque, visto che i piedi dopo un giorno di turismo non ne vogliono proprio sapere di ballare) sono andata in una milonga ‘nuova’. Nuova tra virgolette, perché in realtà qui hanno l’usanza di cambiare il nome alla milonga in base al giorno e non solo in base al luogo, e quindi Le Balbutiant, il giovedì, occupa lo stesso spazio fisico di Le Chantier, il sabato: una sala abbastanza grande per gli standard parigini (e infatti si trova un po’ fuori le mura, a Montreuil, fermata della metro 9, Croix de Chavaux). Credo che cambino anche leggermente gli organizzatori, oltre all’orario, che è perfetto per chi deve andare a lavorare presto il giorno dopo: dalle 6 del pomeriggio all’una del mattino.
Le Balbutiant è relativamente giovane (un anno o poco più) ed è nata con l’obiettivo di permettere a tutti, anche ai balbuzienti, di ballare in libertà e senza timore. Il problema, a Parigi, non è da sottovalutare: le dinamiche in milonga sono molto diverse dall’Italia, i parigini sono molto chiusi e abituati a ballare sempre con le stesse persone. I principianti, o semplicemente le facce nuove, fanno una fatica enorme a invitare e essere invitati: quasi nessuno usa la mirada, e in generale c’è una grande diffidenza (o senso di superiorità?) nei confronti delle ‘novità’. Questa situazione è portata all’ennesima potenza proprio allo Chantier, dove sconsiglio vivamente di andare a chiunque non abbia almeno 3 anni di tango alle spalle: farebbe da tappezzeria tutta la sera.
Le Balbutiant, però, mi ha dato comunque l’idea di un ambiente elitario: il problema a Parigi non è la filosofia di base che anima una milonga, che può essere la più ammirevole del mondo, ma la gente che la frequenta. Purtroppo, i ballerini sono sempre – più o meno – gli stessi che frequentano Le Chantier: e quindi è difficile ballare, anche se l’atmosfera è potenzialmente conviviale (c’è la possibilità di mangiare qualcosa sul posto, a prezzi abbastanza contenuti). Armatevi di sorrisi e buona volontà e cercate di attaccare bottone puntando sull’accento italiano, che è considerato « très sexy ». Io ho sfruttato la semifinale dell’Italia con la Germania e ho continuato a chiedere in giro chi stava vincendo, ha funzionato!
Tenete presente anche che, nonostante la milonga cominci molto presto, la sala comincia a riempirsi intorno alle 8 e  mezza, 9; inoltre il fatto che duri così tanto fa sì che tutti se la prendano molto con comodo, non c’è urgenza di ballare o di invitare, « tanto c’è tempo »...
Nota negativissima, ma a Parigi bisogna farci il callo: la musica era pessima, il musicalizador improvvisato, niente tandas strutturate, aiuto! Nota positiva, per finire: alcuni ballerini erano proprio bravi, un vero spasso! Meritava andarci anche solo per l’ultima pseudotanda con il tipo bretone.

martedì 26 giugno 2012

Il Fato è una macchina con gli sponsor. E la Sfiga un vestito rosa.

Questo sarà un post anomalo, lo premetto. E lo prometto, visto che sono in vena di idioti giochi di parole. Perché non parlerò esclusivamente di tango, ma anche di vestiti, e soprattutto di Sfiga.
Infatti, se una giornata comincia male, tutti sanno (Murphy per primo) che finirà peggio. Ebbene, venerdì era una di quelle giornate. È cominciata in modo terrificante: non ho ricevuto la mia dose quotidiana di coccole. E è proseguita peggio, con malori da nobildonna tardo-ottocentesca (solo che io non porto il corsetto), ciclopici lavori stradali e conseguenti ritardi di tutti i mezzi pubblici, anche quelli che non passano per quella strada, nonché inopinate visioni di persone dimenticate da anni – e se erano dimenticate, un motivo c’era...
Insomma, speravo di risollevare il tutto con una bella serata di tango. L’avevo pianificata dal giorno prima: avevo convinto l’Omino, sempre riluttante (in effetti l’avevo bellamente ricattato, ma che resti tra di noi), avevo programmato di andare a prendere un’amica, la trasferta era verso una bella milonga, doveva andare tutto bene!
E invece, ho avuto la sciagurata idea di mettere quel vestito. Molto carino, tra l’altro: con una gonna corta rosa piena di frufrù, come piace alla me vaporosa e vaga, ma anche a quella sexy che con il tacco alto fa la sua figura. Look approvato anche dall’Omino.
Oh infame destino, tragiche sciagure, numi avversi dell’Olimpo! Oh, giammai lo avessi indossato! Ma non potevo ancora saperlo. Per cui ho acceso la macchina (dell’Omino) e mi sono avviata ignara.
Recuperata l’amica, tutto sembrava procedere per il meglio. Ma non avevo fatto i conti con il Fato, che si è presentato sotto forma di una macchina di quelle con gli sponsor che seguono i ciclisti. E mi ha tamponata. Stock! Non ci volevo credere! La mia serata minuziosamente programmata! La mia meravigliosa serata di tango con l’Omino più rassegnato che ricalcitrante e la mia amica che non vedevo da una vita!
Non ci volevo credere anche perché ho avuto un fortissimo déjà vu. Due anni fa, sulla stessa strada ma esattamente dieci metri più avanti, sono stata tamponata (ma non guidavo io!!! Ci tengo a precisarlo, per i soliti malfidenti), gli unici due tamponamenti della mia vita! E – cosa ancora più inquietante – portavo lo stesso identico vestito, rosa coi frufrù.
Ergo, ho deciso che alla prima occasione, non appena ne avrò una, lo regalerò alla mia peggior nemica. Sperando che abbia la mia stessa taglia.

Epilogo (lo so che lo state aspettando)
Nessuno si è fatto niente, a parte la povera macchina dell’Omino, che da quando mi frequenta ha subìto più sciagure di qualunque altro mezzo a motore sull’intero orbo terracqueo. E sì, alla fine sono andata a ballare lo stesso: anche se con il colpo della strega non ero proprio scioltissima, avevo una postura invidiabile.

lunedì 18 giugno 2012

Quando il tango è una vecchia ciabatta...

Capita, a volte, che un ballerino con il quale ti trovi molto bene scompaia dalle milonghe abituali. Lo consideri un irriducibile, dato che lo trovi in giro minimo due  volte alla settimana, e da un giorno all’altro ti sparisce. Basta, più, nada de nada, nessuna notizia, svanito come sotto il mantello dell’invisibilità di Harry Potter.
Se lo conosci, puoi chiedergli, dopo qualche mese, come va, come mai non si vede più: sarà  per la famiglia, un nuovo hobby, un figlio. Ma ogni tanto è uno sconosciuto, e allora – ve lo giuro, io di solito non sono catastrofista ma mi è capitato di pensarlo – ti chiedi se magari non sia morto, oddio, chi lo sa, magari è stato investito proprio uscendo da una milonga!
Per fortuna, però, ogni tanto i ballerini ritornano. Una sera, ed è tutto così normale, niente preavvisi, te li ritrovi in pista, come nulla fosse successo. Sono passati magari anni, e loro sono ancora lì, la solita camicia di lino bianca, la solita postura elegante, la solita espressione gentile. Ti salutano, ti sorridono, ti invitano, come nulla fosse successo.
Ti viene perfino il dubbio di essertela sognata, quell’assenza.
E quando rispondi alla loro mirada, quando riscopri il loro abbraccio, il tango con loro è come una vecchia ciabatta: comodissima, morbida, come se ti avessero sempre aspettato, e invece capisci quella che li ha aspettati, magari per anni, sei stata tu.

martedì 12 giugno 2012

Che Amusement ballare il tango a Padova!

Visto che il post sulla milonga delle quais a Parigi si può considerare una specie di recensione, ho pensato: perché non continuare? Quante volte, prima di entrare in una milonga sconosciuta, mi sono chiesta: «Ne varrà la pena?». E quindi, ecco i miei personali consigli sulle milonghe che conosco, frequento o ho frequentato almeno una volta.
Ho deciso, per incominciare, di stare sul classico: chi non conosce, infatti, l’Amusement di Padova? È una delle milonghe più grandi del Triveneto. Ci si balla, principalmente, di venerdì (salvo festival o lezioni varie). Chi ci va per la prima volta studi bene il percorso: è un po’ fuori mano, e è facile perdersi per le stradine della campagna padovana (io, almeno, lo faccio ogni volta)!
La sua particolarità è che sta sopra una sala da bowling (che comunque di venerdì non è mai in funzione, a mia memoria), che si attraversa per andare a... incipriarsi il naso. E quindi, di sopra atmosfere da balera anni Quaranta, di sotto luci al neon anni Ottanta: un vero e proprio viaggio nel tempo!
Si incomincia a ballare abbastanza tardi: sconsiglio di arrivare prima delle 10 e mezza, perché non c’è nessuno; poi gli irriducibili vanno avanti anche fino alle 3 del mattino.
La cosa veramente bella di questa milonga, abbastanza rara da trovare in zona, è la possibilità di incontrare sempre gente nuova: ci sono ballerini che, sfruttando la relativa ‘vicinanza’ a Padova, si spostano dall’Emilia Romagna, dal Friuli, dalla Lombardia. Per questo motivo, non è difficile ballare: ci sono, sì, i ‘clan’ che ballano solo tra di loro, o i ‘capetti’ che vorrebbero fare il bello e il cattivo tempo per meri motivi di anzianità, ma il fenomeno è abbastanza circoscritto: qui regnano curiosità e apertura.
Tutte le ballerine che abbiano un minimo di iniziativa riescono a ballare, e ogni sera c’è qualche bella sorpresa, qualche tanguero bravo che non si è mai visto e ti invita. Anche perché in questa milonga mirada e cabeceo funzionano! Consiglio a tutti di provare.
La selezione della musica, in linea con quello che capita un po’ in tutto il Veneto, è generalmente curata, e classica. Anche lo stile che va per la maggiore è il milonguero, con qualche irriducibile del tango salon. Il tango nuevo non si vede praticamente mai (e, nel caso, è ballato male).

giovedì 7 giugno 2012

Un po' di vocabolario (2)


estilo milonguero Il tango (v. voce) viene ballato in molti modi diversi, detti ‘stili’. Lo stile milonguero è quello più tradizionale, o almeno quello che più si rifà alla tradizione, musicale e non solo. Insomma, in un certo senso è il più ‘filologico’. È caratterizzato dall’abbraccio chiuso (v. voce abbraccio), il che limita in un certo senso i movimenti, consentendo però un contatto particolarmente intimo con il partner, al quale ci si appoggia con tutta la parte superiore del busto. I movimenti sono generalmente molto misurati, raramente le gambe sono sollevate da terra: è un modo di ballare sinuoso e elegante, intimista. Viene data una grandissima attenzione alla musica, che è soprattutto quella delle orchestre ‘classiche’ degli anni Quaranta.

estilo salon (anche tango salon) – Lo stile salon viene ballato con un abbraccio aperto o semiaperto (v. voce abbraccio), in modo da consentire movimenti abbastanza ampi e fluidi, senza imporre ai ballerini una vicinanza fisica prolungata. Coreografico e d’effetto, è lo stile più diffuso in Europa, dove per cultura è difficile avere un profondo contatto fisico con partner che spesso non si conoscono neppure.

mirada – Letteralmente, è lo sguardo che i ballerini si scambiano per scegliersi prima di una tanda (v. voce). Viene seguita dal cabeceo (v. voce), il cenno del capo che costituisce la conferma da parte di entrambi i ballerini di voler danzare insieme.

musicalizador – È il dj del tango, detto anche tj (raro): colui che mette la musica. E mettere la musica è un’arte, con precise regole da seguire. Costruire una tanda (v. voce) e quindi una serata è un affare delicatissimo. Figura fondamentale in Argentina, piuttosto importante in Italia, in alcuni posti (ad esempio in Belgio, ma anche in molte milonghe parigine) è assolutamente sottovalutato, e sostituito da cd e compilation artigianali. Inutile dire che gli effetti (disastrosi) di questa incuria si vedono eccome!

tanda – È l’insieme di tanghi, milonghe o vals (v. voci) che costituisce un nucleo organico per tipologia, autore, epoca, stile. Le varie tandas vengono separate da una cortina (v. voce), e vengono ballate dalla stessa coppia di ballerini, dall’inizio alla fine (salvo incidenti...). Solitamente, i brani che compongono una tanda di milonghe sono tre, quelli che ne compongono una di tanghi o di vals sono quattro (ma possono essere anche tre); questo perché le milonghe sono fisicamente più impegnative degli altri due. La successione tipica delle tande è questa: tanghi – tanghi – milonghe – tanghi – tanghi – vals, ma si possono trovare musicalizadores (v. voce) che preferiscono lo schema: tanghi – milonghe – tanghi – vals.

tango nuevo – È uno stile di ballo e un tipo di musica. Il primo è molto giovane: risale agli anni Novanta; nato a Buenos Aires, si è diffuso particolarmente a Parigi. Caratterizzato da una grandissima fluidità e da frequenti cambi di direzione, i ballerini che scelgono il tango nuevo danzano quasi senza abbraccio, distanti e, in un certo senso, complementari e contrapposti. La musica nueva nasce ben prima del ballo, dalle contaminazioni di Astor Piazzolla. Oggi è particolarmente diffuso l’uso di strumenti e sintetizzatori elettronici.

lunedì 4 giugno 2012

Che bello, ho male ai piedi!

Una delle cose più belle del tango è il male ai piedi. Sembra un controsenso, eppure è così: gli sportivi mi capiranno – anche i maratoneti affermano di sentirsi bene dopo 42 chilometri di corsa. Contano le endorfine ma la questione è anche psicologica. Il male ai piedi del tango è la dimostrazione che la serata è andata bene, perché chi resta seduto tutta la sera non ha certo male, e quel dolore che si irradia dalle piante e si diffonde in tutto il corpo è la prova tangibile che si ha ballato, e tanto, e quindi bene. Infatti, nessuno balla tanto se non si trova bene in una milonga, perché o se ne torna a casa presto o se ne sta seduto a guardare gli altri, maledicendo la propria mala sorte.
Il male ai piedi è una specie di trofeo soprattutto per le donne, che lo esibiscono con orgoglio alle amiche-rivali, le altre ballerine. Più male hanno, e più successo hanno avuto la tal serata.
Il mal di piedi della tanguera, poi, non è lo stesso che può capitare dopo una serata con le scarpe sbagliate, quelle che ti segano le dita e ti riempiono di vesciche ovunque, perché le scarpe da tango sono come delle ciabatte, tacco a parte. I piedi, quindi, dopo una bella serata non sono feriti e malconci, sono semplicemente stanchi. Le endorfine emesse dal proprio corpo che balla felice, del resto, aiutano a sopportare il dolore.
A me è capitato di sfiorare il nirvana, l’illuminazione, durante qualche ultima tanda (tipo alle 8 del mattino, e ballavo dalla mezzanotte). Perché ormai il dolore è assoluto, i piedi vanno da soli, la priorità non sono più gli adornos ma non stramazzare a terra, il cervello è scollegato e la coscienza può intuire vette di saggezza.
Il male ai piedi, infine, è una delle scuse più gettonate per rifiutare un invito. Io però la sconsiglio: intanto, oramai gli uomini non ci credono più, e poi, quando invece è la verità – un po’ come lo scherzo del pastore di Esopo –, valli a convincere che vuoi davvero ballare con loro la prossima tanda, è solo che ora stai praticamente svenendo nelle tue scarpette tacco 10! Io, vi giuro, ho inseguito un ballerino che mi aveva invitato nel momento sbagliato – quando ero appena crollata su un divanetto perdendo praticamente conoscenza – per tutta la sera, cercando di convincerlo che non era una scusa, la mia. Poi alla fine ha ceduto e mi ha invitata, ma che fatica.

venerdì 1 giugno 2012

Paris, un amour de tango! - Ballare sulle quais

A Parigi d’estate si può ballare in un posto assolutamente magico. Sulle quais (le rive) della Senna, vicino alla Bibliothèque nationale, ci sono dei piccoli anfiteatri: uno di questi viene monopolizzato dai tangueros parigini, e dalle 8 a mezzanotte, tutte le sere, si balla sulla musica di un vecchio lettore cd. Ovviamente niente tandas  cortinas, è già tanto avere la musica! Ma è un'esperienza assolutamente da fare, tenendo conto di alcune cose.
Piedi parigini che ballano il tango...
Infatti capita spesso che ci siano dei problemi... si scaricano le batterie, non c'è abbastanza luce, oppure arrivano i flics, i poliziotti, che passano sistematicamente e fanno spegnere tutto se non ci sono le debite autorizzazioni. L’anno scorso ci sono voluti mesi, perché ne servivano tre, emesse da tre enti diversi: non per niente la parola burocrazia viene dal francese! Allora capita che tutta la gente radunata – si parla di anche un centinaio di persone, a volte – non abbia voglia di tornarsene a casa: l’aria è frizzante, l’atmosfera vivace, non si può certo abbandonare tutto alle 10 di sera!
Allora chi ha un ipod, un lettore mp3, qualsiasi cosa che possa produrre musica, la tira fuori e si mette a ballare. Ogni coppia un auricolare. Ogni coppia una musica diversa.
E allora scoppia il delirio: si vedono coppie che ballano forsannate milonghe a fianco di altre che si avvinghiano appassionatamente (forse ascoltano Pugliese?), a fianco di altre che volteggiano su presumibili tanghi nuevi, una vera e propria anarchia musicale, che però si può solo vedere e non sentire... una cosa assolutamente destabilizzante! 
Chi ha già ballato a Parigi, mi potrà ribattere polemicamente: “E non è quello che capita normalmente nelle milonghe francesi?”. In effetti, un po’ sì. Le milonghe della ville lumière non sono certo celebri per l’ordine e il rispetto della pista e delle tradizioni dei loro ballerini. Ma in questo caso quello che si vede è davvero assurdo! E – devo dirlo – molto lontano dallo spirito del tango, almeno come lo intendo io, comunitario e sociale.
In ogni caso, a chiunque ha intenzione di andare a Parigi d’estate consiglio una passeggiata serale sulle quais, anche a chi non balla. La vista su Notre Dame è splendida, e si può assistere a concerti improvvisati di musiche tradizionali, salsa, tango... tutto très parisien!

lunedì 28 maggio 2012

Animali da tango (6) - Il Provolone

6. Il Provolone
grado di pericolosità ***
grado di fastidiosità *****

Dicesi Provolone quell’esemplare di animale da tango di sesso maschile che ci prova con qualsiasi esemplare di sesso femminile, «basta che respiri». Dunque, partendo dal fatto che, anche in questo caso, ci sono donne che gradiscono la cosa, diciamo che solitamente non è così, e che i Provoloni vengono evitati e indicati a dito. Il Provolone trova nella milonga il proprio habitat ideale poiché, come dimostrato da vari studi, la percentuale di tangueri single è almeno dell’80%.
Esistono almeno tre categorie di Provolone: quello Esplicito, quello Insinuante, quello Palpante. Il Provolone può apparire inizialmente spiritoso o galante, ma alla lunga rivela la sua vera natura, greve e spiacevole. Il Provolone Esplicito (PE) è solitamente sulla cinquantina, separato o divorziato; ha perso con gli anni e l’esperienza ogni inibizione, e non ha quindi nulla da perdere. Si può assistere pertanto a penosi episodi che coinvolgono maturi (e pure quasi marci) esemplari di PE che fanno avances esplicite a bionde ventenni con gambe di giraffa e sorrisi da Barbie. Perché non è solo il risultato che conta, per il PE: anche il semplice fatto di essere visto conversare, all’interno della milonga, con ragazze che non stonerebbero sulla copertina di Playboy è motivo di vanto: tanto poi agli amici potrà raccontare tutte le prodezze che vuole, senza tema di smentita. Le eteree fanciulle abbordate dai PE (va da sé che raramente uno di questi esemplari ci prova con signore sue coetanee), frastornate dal loro eloquio, avranno difficoltà a liberarsene; solitamente, infatti, tali fanciulle, oltre a essere eteree sono pure molto gentili, e cercheranno di svincolarsi senza urtare la presunta sensibilità del maschio – sensibilità che, va da sé, è del tutto inesistente –, con l’unico esito di trascorrere metà della serata a sorridere fissamente maledicendo la loro ineccepibile educazione da piccole duchesse. Gli argomenti di conversazione dei PE sono ristretti: tendono a magnificare i vantaggi di una relazione con loro, uomini di mondo con un’almeno trentennale esperienza in campo sessuale, che non richiederebbe fedeltà né legami sentimentali. Il fatto che abbiano figlie dell’età delle ballerine con cui ci provano, 3 ex mogli da mantenere e una panza che farebbe invidia a un lottatore di sumo non costituisce – evidentemente – un problema da loro giudicato insormontabile.
Il Provolone Insinuante (PI) è un esemplare ancora più viscido e sgradevole del precedente, che almeno ha il coraggio (o l’incoscienza?) delle proprie azioni. Lui non dice, suggerisce. Lui non chiede, propone. Con stratagemmi di psicologia da rivista patinata (è infatti assiduo lettore di Men’s Health), cerca di indurre alla ballerina il desiderio di giacere carnalmente con lui. Ovviamente, alla ballerina l’unico desiderio che nasce è quello di essere campionessa olimpica dei 100 metri piani per fuggire il più velocemente possibile.
Il terzo esemplare di Provolone, il Palpante (PP), è il più sgradevole in assoluto. Colpisce infatti mentre si è in pista, e ha un gusto particolare per le ballerine procaci (la sottoscritta, purtroppo, fa parte di questa non cospicua categoria). Con la scusa di ballare milonguero, con l’abbraccio stretto, il PP avvinghia a sé la malcapitata, arrivando con la mano destra a compiere acrobazie palpatorie «che voi umani non potreste immaginare». Né tantomeno immaginava la ballerina, quando ha incautamente accettato il suo invito.
Che fare quindi quando si incappa in un esemplare di Provolone? Io sconsiglio in ogni caso di accettare le avances, anche se si è alla disperata caccia di un uomo (può capitare nelle migliori famiglie) e se il suddetto è, se non altro, guardabile. Poi ti si appiccica e non te lo scolli più – senza contare l’imbarazzo di vedere il tuo nome associato al suo: il mondo delle milonghe, si sa, è paese... L’unico modo per uscirne indenni è comportarsi in modo sgradevole quanto il loro: piantarli in mezzo alla pista se allungano le mani, e ignorarli mentre parlano quando si è al posto, accettando miradas e inviti da parte di altri ballerini.
Solo un rifiuto vagamente umiliante e preferibilmente ricevuto in presenza di testimoni impedirà loro di riprovarci, con una faccia di bronzo degna di un testimone di geova, la volta successiva.

giovedì 24 maggio 2012

Animali da tango (5) – Il Puzzone

5. Il Puzzone
grado di pericolosità *
grado di fastidiosità *****

Trattasi di un esemplare particolarmente infido, benché poco pericoloso, dal momento che quando lo si identifica è ormai troppo tardi. 

Il Puzzone ha perfezionato l’arte del mimetismo: si nasconde nel branco, coperto dall’omertà degli altri maschi, che comunque spesso:
  1. non lo riconoscono; 
  2. non ritengono che possa costituire un problema per la femmina. 

lunedì 21 maggio 2012

Tangoanalisi


Da anni sostengo l’utilità del tango come percorso psicanalitico alternativo, che consiglio (con scarsissimi esiti, devo dire) a chiunque mi capiti a tiro. Soprattutto ai single incalliti con scarsa fiducia in sé stessi e ancor meno capacità di relazionarsi con l’altro sesso.
Ma perché uno dovrebbe iscriversi a un corso di tango – e poi praticarlo, ovvio – invece che andare da un bravo analista?
1.       Perché costa meno. Moooooooolto meno. E i risultati possono essere miracolosi.
2.       Perché il percorso individuale che si fa è molto concentrato e concreto.
3.       Perché tanti problemi di uomini e donne sono dati dal fatto che non hanno una sana visione di cosa sia essere uomo e essere donna, e il tango ristabilisce gli equilibri.
I clichés riguardo al tango sono moltissimi (consiglio a tutti di leggere questo simpatico libro di Pier Aldo Vignazia); due sono però particolarmente pericolosi e riduttivi, anche perché contengono frammenti di verità: il fatto che il tango sia un ballo «sensuale» e «maschilista».
Andiamo con ordine: la sensualità del tango è riconosciuta da tutti, ma non si deve interpretare questo termine nell’accezione corrente. Il tango è sensuale perché è polisensoriale, perché coinvolge la vista, innanzitutto (a partire dalla mirada), e poi il tatto, con l’abbraccio, e l’olfatto, dato che si balla a strettissimo contatto con il proprio partner.
Questo costringe a un contatto molto forte e molto intimo con l’altro. Costringe a cercare un partner, superando la paura del rifiuto, la timidezza, ma anche il senso di superiorità, e ad aprirsi all’altro. Quando cerchiamo un compagno di ballo, siamo molto vulnerabili: gli uomini rischiano sempre di ricevere un due di picche, e le donne di fare da tappezzeria per tutta la serata. Tutti devono mettersi in gioco, senza esclusione, dimostrando apertura, serenità e disponibilità ad accogliere l’altro.
Il secondo pregiudizio sul tango è che sia un ballo «maschilista». Visto da una certa ottica post-femminista, è vero: l’uomo invita, l’uomo conduce, l’uomo protegge. – Ma insomma, noi siamo donne forti e indipendenti, abbiamo imparato a portare la valigia, vuoi che non sappiamo “portare” anche in una pista da ballo? – protesteranno le mie fedeli lettrici.
In realtà, il tango rispecchia semplicemente i ruoli che uomini e donne, maschi e femmine, hanno ricoperto per millenni, anzi, per milioni di anni. L’uomo è cacciatore e la donna preda – anche se tutti sanno che, in fondo, siamo noi donne che ci scegliamo il compagno. Lo stesso nel tango: la mirada viene proposta dall’uomo, ma è alla donna che spetta l’ultima parola: se non risponde allo sguardo, il ballerino potrà fissarla tutta la sera ma non avrà mai accesso al suo abbraccio. L’uomo conduce il ballo, è vero: ma è suo compito anche far sì che la donna si diverta, non si stufi, venga valorizzata e si senta protetta e rispettata. E sfido qualsiasi donna a dire che non è esattamente quello che cerca in qualsiasi rapporto sentimentale! Da parte sua, l’uomo ha bisogno di una compagna che lo sappia ascoltare e rispetti i suoi tempi e i suoi spazi.
Insomma, se più gente ballasse il tango, secondo me il mondo sarebbe un po’ più felice.

sabato 19 maggio 2012

Una raccomandazione... virtuosa

Ebbene sì, sono stata raccomandata e me ne vanto!
Il fattaccio è successo non molto tempo fa, in una milonga del tutto rispettabile. Dopo varie tande alquanto soddisfacenti, mi sono seduta con l’intenzione di osservare un po’. Avevo già puntato un ballerino ricciuto, dalla postura impeccabile. Stavo cercando di capire dove fosse seduto, così da spostarmi tatticamente alla fine della tanda successiva e mirarlo agiatamente. Nella pista non c’era, un sacco di confusione, le luci troppo basse, ma dove si era cacciato? Forse era in pausa sigaretta o pausa bagno?
Ormai rassegnata ad aspettare la tanda successiva, l’ho improvvisamente visto davanti al musicalizador, che mi guardava. Possibile? Sicuramente stava guardando qualcun’altra dietro di me. Eppure, sembrava proprio che guardasse me. E quello non era un cabeceo?
Be’, a un cabeceo si risponde con un altro cabeceo: ed è quello che ho fatto. Ma non mi sono mossa: mai alzarsi, a meno di non essere completamente e definitivamente sicura di esserne la destinataria! Assurdo però, i desideri non si trasformano in realtà così facilmente. Eppure, lui si è avvicinato proprio a me, e ha ripetuto il cabeceo.
Mi sono alzata e ho fatto un bel sorriso, e abbiamo cominciato a ballare.
Un bel feeling, e lui era davvero bravo. Dopo il secondo tango, mi ha sussurrato sorridendo: “Me l’aveva detto, il mio amico, che eri brava, che non dovevo andarmene senza aver ballato con te!

mercoledì 16 maggio 2012

La mia luna di miele senza tango

Erano mesi che non ballavo. Perché?
Semplicemente perché ero impegnata a fare altro: a godermi la mia nuova vita.
Il tango è meraviglioso, ma ogni tanto ho l’impressione di averlo usato come surrogato. Quando ero triste, insoddisfatta, sola, arrabbiata, quando le cose sentimentali non andavano bene, quando avevo bisogno di alzare un pochino la mia autostima, quando non volevo pensare, quando era una serata troppo bella per stare chiusa in casa in solitudine.
Ora non sono più tutte queste cose, e sono mesi che non capitano più questi “quando”.
E allora, se sono rimasta sul divano è perché ora ho qualcuno che mi fa le coccole. Se resto struccata è perché ora ho qualcuno che mi dice che sono bellissima comunque. Se mi avviluppo in informi e comodissimi vestiti maschili è perché hanno un odore buonissimo, quello di chi li ha indossati prima. Se crollo alle 10 di sera è perché ora mi alzo alle 7 per fare colazione in compagnia.
Una splendida luna di miele senza tango.

martedì 15 maggio 2012

Il tango è come la bicicletta...


... una volta che hai imparato, non lo dimentichi più.
Posso supportare questa affermazione portando due esempi. Il primo: erano più di quattro mesi che non ballavo. Quando non ballo entro in una spirale deleteria, perché meno ballo meno voglio sentir parlare di tango perché poi mi deprimo che non ballo e più mi perdo in mille altre cose, e poi che stanchezza che alle 10 di sera mi addormento sul divano e che tristezza che devo andare da sola e che paura che alle 3 di notte mi addormento al volante poi faccio un incidente e poi muoio.
Insomma, magari sono un po’ melodrammatica ma la sostanza è questa.
Ma torniamo a noi: erano più di quattro mesi che non ballavo, mese più mese meno. – Ma come mai? – si chiederanno i miei fedeli lettori. Questa è un’altra storia... promesso che ve la racconterò. Sono andata a ballare perché c’era una bellissima serata di tango proprio dietro casa mia, e vi assicuro che non abito a Parigi e quindi non è assolutamente quotidiano che ci siano serate di tango dietro casa mia, talmente dietro che ci vado in bicicletta. Quindi mi toccava proprio andare, pena amari rimorsi per i prossimi sei mesi minimo. E quindi ci sono andata.
Mi sono vestita carina ma nemmeno tanto, quasi per paura di rimanere delusa – dalla serata, dalla gente, da me stessa. Eh sì, perché avevo proprio paura di aver dimenticato tutto!
Sono partita da casa e ho fatto tutto il tragitto (ok, sono tre minuti ma mi sono parsi lunghissimi!) rimuginando tra me e me: “Sarà un disastro, avrò le gambe di legno, nessuno mi inviterà e l’unico che lo farà gli rovinerò addosso tra lo sconcerto generale”. Quando sono arrivata però mi sono rassicurata: tante facce conosciute, atmosfera conviviale...
Mi sono messa le scarpette e... magia! Sapevo ballare!
Una meraviglia, un successone, complimenti a pioggia e ho riacquistato sicurezza e voglia.
La cosa più bella però è il mio secondo esempio, quello che ho anticipato all’inizio del post: il mio compagno. Quello legnosetto, ricordate?
Ecco: lui non ballava da un anno credo, e per uno che ha fatto un corso di tango di sei mesi in tutto direi che è tantissimo. Eppure, quando l’ho costretto a ballare, è accaduto una specie di miracolo: sapeva, si ricordava, era perfino più sciolto rispetto a un anno fa! Probabilmente le cose si sono sedimentate e sono maturate, così, da sole. Pazzesco!
Ora devo solo convincerlo a continuare, e non la vedo facile. Ma io sono più cocciuta di lui, e lui lo sa. Lo aspetto al varco.