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lunedì 16 gennaio 2017

Tango in scatola: un libro che avrei voluto scrivere io

Ma l'ha già fatto Vanna Gasparini. 

Al mio posto. Prima di me. Purtroppo e per fortuna. Purtroppo, perché Tango in scatola. Manuale tattico culinario di sopravvivenza tanghera, Edizioni Il Fiorino, è uno di quei libri fortunati, benedetti da una vena comica felice e leggerissima. Talmente perfetto che lo avrei voluto scrivere io (e quindi rosico un po')!
Per fortuna, perché non ho mai riso tanto, leggendo di tango: da lacrime agli occhi. E sfatiamoli, i cliché di questo ballo! Che non è solo dramma, passione e cupa sensualità, ma anche divertimento, ironia e autoironia.

L'autrice è riuscita nella non facile impresa di scrivere un libro sul tango che è un vero spasso, parola di tanguera. Divertente per chiunque, ma tanto più godibile da parte di chi questo ambiente lo frequenta, lo conosce, lo ama (e un po' lo odia).

Quaranta capitoli brevi, fulminei, che sono ritratti di personaggi e situazioni tipiche: impossibile non essercisi imbattuti almeno una volta, impossibile non averle vissute in prima persona.
E, mentre si legge Tango in scatola, impossibile non ridere: noi li conosciamo, questi tipi, sappiamo che facce hanno. Le milonghe ne sono piene, ci abbiamo ballato insieme oppure abbiamo desiderato farlo, e probabilmente (se abbiamo un minimo di autoironia) ci riconosciamo in qualcuno di loro.
Per esempio, Quelle belle. Oppure Quelle brave. O ancora, le peggiori di tutte, Quelle belle, giovani bravissime, molto dotate, morbide, con delle linee perfette, le scarpe originali, l'abito elegante, i capelli lunghi e curati, la postura perfetta, alte e slanciate: «NO COMMENT», (appunto). Ma anche Quelli che ballano tutta la sera con la moglie degli altri, Il Maratoneta, Il Difficile e il suo contraltare, Quello di bocca buona.
Se questi titoli vi fanno risuonare un campanello, siete pronti per Tango in scatola.

domenica 3 aprile 2016

Amsterdam sarà la nuova capitale europea del tango?

Per anni, la capitale europea del tango è stata Parigi. Questo primato, negli ultimi anni, le è stato conteso da Berlino, dove la scena tanguera è giovane e vivace. Un mio recente viaggio a Amsterdam mi ha fatto intravedere tutte le potenzialità di questa piccola e deliziosa città nordeuropea, che rischia di insidiare il primato delle altre capitali, se non per la quantità, almeno per la qualità del tango ballato.

Amsterdam è una città deliziosa. Capitale dei Paesi Bassi, ha una rete di canali lunga più di 100 chilometri e 800.000 abitanti, di cui circa 200 ballano il tango (tanguero più, tanguero meno).
Per questo, anche solo pensare che diventerà la nuova capitale europea del tango sembra un'ipotesi del tutto assurda.

E infatti, una settimana fa, quando sono partita per l'Olanda, ho infilato le scarpe da tango in valigia più per abitudine che per reale desiderio di ballare. Qualche anno fa ho frequentato per un po' le milonghe di Liegi, in Belgio, dove ho incontrato persone carinissime e simpatiche, ma che non brillavano per esperienza, tecnica e cultura milonguera. Ebbene, mi aspettavo che a Amsterdam fosse più o meno lo stesso.

Vista di un canale a Amsterdam, con biciclette
Amsterdam, di Claus Gerull, su licenza CC BY

In effetti, avevo sottovalutato Eike (non so come si scrive, ma si pronuncia "èiche"). L'ho conosciuto alla Reina di Bologna e ci ho ballato insieme circa tre settimane fa. Eike è un ragazzo ovviamente alto, ovviamente biondo, ovviamente con un sorriso da lasciare senza fiato. Eike è educatissimo, comunica di preferenza in un delizioso mix di spagnolo e italiano, è olandese e balla decisamente bene. Forse per la sua statura, però, non ho compreso appieno il suo potenziale (mea culpa, faccio sempre un po' di fatica con gli uomini alti visto che ho un abbraccio molto stretto).
In ogni caso, giusto perché sono pur sempre figlia di mia madre (per chi non conosce la Piera, questa affermazione valga "linguacciuta e senza pudore"), appena ho saputo che era olandese gli ho chiesto consigli sulle milonghe a Amsterdam, visto che ci sarei andata la settimana dopo per lavoro.
Lui mi ha detto di andare a Los Locos, il martedì, mi ha salutato gentilmente e è scappato, rifugiandosi nuovamente nel suo nordico riserbo.

Quindi, sono partita con le scarpe in valigia ma poca, pochissima speranza di ballare bene.
"Tanto sarò stanca dopo una giornata in fiera", mi continuavo a ripetere. "Tanto avremo mille cene di lavoro." (Ve l'avevo detto che sono andata a Amsterdam per lavoro, no? Perché ho un nuovo lavoro. Fatemi in bocca al lupo).

Fatto sta che martedì non c'erano cene programmate, e quando ho annunciato ai miei capi che avrei avuto piacere di andarmene per i fatti miei mi hanno detto: "Vai, vai" (uhm, me lo dice sempre anche mio marito, ora che ci penso: ma non è che tutti si vogliono liberare di me?).
Comunque, a quel punto non avevo scuse: bisognava andare a Los Locos.
La cosa bellissima degli olandesi è che, come tutti i nordici, mangiano presto, cominciano presto le serate, e poi le finiscono presto. Così al mattino sono freschi come delle rose per andare a lavorare, e la sera cominciano a ballare alle 19.30. Sì, avete capito bene: alle sette e mezza.
Io che sono nordica ma non così tanto, ho preso il bus, 20 minuti dall'appartamento dove stavamo, in zona sud, e sono arrivata alla milonga, comodissima e ben servita dai mezzi, sulle 9 e un quarto.

Suono, mi aprono, e nell'atrio trovo un signore di una certa età che si sta infilando le scarpe. Entro nella sala e - seguendo le indicazioni - vado al bancone per pagare l'ingresso (5 euro), e trovo Koos (si pronuncia tipo "khòs", con la h aspirata, anzi rantolata, quel bel suono tipico dell'olandese), gentilissimo come tutti, che mi dice con ariaun po' svagata di lasciare il cappotto nell'atrio dove c'è il guardaroba. Esco di nuovo, trovo il signore di prima che mi sorrido e mi dice: "Ci vediamo dopo".

Quando rientro nella sala, finalmente mi guardo intorno. Ci saranno circa 30 persone in tutto, 4 o 5 coppie che ballano. Mi colpisce subito il fatto che praticamente tutti siano abbondantemente sotto i 40 anni.

Mi siedo, un po' defilata, e osservo.

L'ingresso della milonga Los Locos, a Amsterdam
L'ingresso della milonga Los Locos, a Amsterdam

Finita la tanda, il signore del guardaroba mi si avvicina, lo guardo, ci invitiamo.
"Che fortuna!", penso appena lo abbraccio. "Ho trovato un Nonnino della Milonga!".

Si chiama Stan Lee, ha un abbraccio morbido come un cuscino e balla con tutto il cuore. Mi dico tra me e me che se pure non ballerò con nessun altro, la serata non sarà stata sprecata, per quell'unica bellissima tanda.
Ma appena mi risiedo, arriva un altro invito. Sempre con mirada e cabeceo. E ballo meglio di prima, con un ragazzo della mia età con un senso della musica pazzesco.
Mi riaccompagna al posto alla fine della tanda, mi siedo, e succede di nuovo la stessa cosa, altro invito perfetto, altra tanda meravigliosa con un altro ragazzo carino e bravissimo.

[Piccolo inciso: come gli uomini, anche noi donne siamo sensibili a bellezza e gioventù, soprattutto se abbinate a bravura e musicalità. Questo non significa assolutamente che non balliamo o non vogliamo ballare con tutti, purché garbati e profumati! In ogni caso, a me piacciono i mori con gli occhi verdi, ma devo dire che pure sti olandesi alti e biondi hanno il loro perché. Fine dell'inciso.]

La serata è proseguita in questo modo, senza sosta, con i ballerini che facevano la fila per ballare con me. E tutti con tecnica e cuore!
Ormai ero pervasa dall'entusiasmo, in pieno delirio da male ai piedi, tanto da farmi sragionare. Forse proprio per questo ho cominciato a farmi delle domande.

1. Perché tutti volevano ballare con me?

I miei parametri di bravura e bellezza sono assolutamente nella media (se non leggermente al di sotto, viste le bellissime, biondissime e leggiadre ballerine olandesi che costellavano la milonga).

2. Come facevano tutti a ballare così bene?

Ricordiamo che si trattava di una milonga infrasettimanale, dove notoriamente il livello è più basso rispetto a quello delle milonghe del weekend.

Mi sono data queste risposte.

Tutti volevano ballare con me un po' perché ero una faccia nuova, in un posto dove di facce nuove, effettivamente, non credo se ne vedano molte. Infatti, molti ballerini mi hanno raccontato che loro si spostano molto in giro per l'Europa, andando a festival e encuentros praticamente una volta al mese.
Probabilmente questo è anche uno dei motivi per cui ballano così bene e sono così bravi a interpretare lo spirito sociale del tango. Sono abituati a spostarsi, a invitare persone nuove, a confrontarsi con diversi stili di ballo e diverse culture, e soprattutto conoscono profondamente le difficoltà di entrare in una sala non conoscendo nessuno, non essendo nessuno.
Una delle cose che mi ha colpito di più, poi, è stata la mancanza di competizione tra ballerini e scuole di tango: l'atmosfera che si respira a Amsterdam è rilassata, il momento degli annunci (fatti con naturalezza solo in inglese, a beneficio mio che purtroppo l'olandese non lo mastico per niente) ha coinvolto chiunque avesse qualche evento in programma, e non solo gli organizzatori della milonga.


Santa Milonguita, a Amsterdam
Santa Milonguita, a Amsterdam

venerdì 12 febbraio 2016

Cosa vogliono le donne nel tango?

Ciao a tutti, eccomi su Raccontango con questo post sul tango da un punto di vista femminile, ma tradotto e postato da un uomo che si interroga sul suo significato più profondo. Molti ballerini si chiedono: “Ma cosa vuole una donna nel tango?” E la risposta molto spesso è: “Come al solito è una rompiscatole, anche nel tango. Non le va mai bene niente”. Ma il vero problema è che molti ballerini non si pongono questa domanda. Pensano che quello che per loro è importante lo sia anche per la donna. Oggi scopriremo che non è così, direttamente dalla bocca delle ballerine.

Ma che ci faccio io su Raccontango?


Incredibile la storia che mi ha portato qui. Come avrete già letto, il tango ci ha messo lo zampino. Ho conosciuto Elena su Facebook qualche mese fa, tramite il gruppo "Il Galateo della Milonga". Poi a fine gennaio per lavoro sono stato a Roma a C-Come 2016, un convegno sulla comunicazione. Ho fatto un intervento al microfono e mi sono presentato. In sala c’era anche Elena, che mi ha riconosciuto e alla prima pausa caffè si è subito presentata. Che sorpresa! Lo confesso: è stato amore a prima vista (senza fraintesi, cercate di capirmi eh?). Una persona squisita e con delle ottime capacità relazionali. Una vera donna della comunicazione! È scattato il feeling. Avremmo voluto ballare ma il contesto non ce lo consentiva. Così ci siamo abbracciati. Questo è il succo del tango. E della vita. Una volta tornati a casa abbiamo continuato a comunicare ed eccomi qui con il mio primo post.

Mi presento.

Sono un uomo e ballo il tango da ottobre 2013. Sono un musicista e suono il piano dal 1972. Sono un consulente e mi piace approfondire. Mi occupo di comunicazione e mi piace capire chi ho di fronte. Sono un artista e mi piace emozionare ed emozionarmi.  

Per tutti questi motivi ho cominciato a indagare e cercare approfondimenti sul mondo del tango, su come esprimere al meglio la musica, su come rendere una tanda indimenticabile, su cosa significhi la mitica “tanda maggica” tanto decantata. Le mie domande erano: “Come posso esprimere le emozioni della musica? Come posso rendere felice la ballerina che balla con me? E cosa significa ballare per lei?“

Nelle mie ricerche, uno degli articoli che ho trovato più illuminanti è stato sicuramente questo di Mari Johnson sul suo blog MyTangoDiaries, intitolato “What Woman Want”. Eccovi la mia traduzione. 

WWW: What Women Want


“Conosco un ballerino che balla solo da 10 mesi. Gli piacciono le camminate, l’abbraccio stretto e il traspie. Ma i suoi passi sono sempre lineari, senza molte figure. Molte ballerine con grande esperienza di tango gli fanno i complimenti per come balla in modo passionale. Sono conquistate dall’aspetto emozionale e dalla sicurezza nella sua guida.

Recentemente ha ballato con una ballerina che insegna tango da 7 anni, molto amica di Fabian, Gustavo e Chicho, quindi ha ballato molte volte coi migliori. Lei gli ha detto che è stato molto bello ballare con lui perché era veramente presente. Allora, incoraggio tutti voi, ballerini principianti, a concentrarvi sulla vostra attenzione emozionale alla musica e verso la donna che state abbracciando. Questo vi porterà molto più avanti con il vostro partner rispetto alle complicate sequenze che potreste guidare.” — Naomi Bennet, Tango-L

La cattiva notizia:


Ballerini, questo primo aspetto probabilmente vi metterà a disagio e mi dispiace. Le ballerine sono tutte diverse.  Ognuna di noi apprezza cose diverse e l’abbraccio perfetto per una ballerina potrà suscitare lamentele da parte di un’altra. Alla Tanguera A non bastano mai le volcadas, mentre la Tanguera B non le sopporta. È frustrante cercare di imparare e reimparare cosa le ballerine desiderano.

mercoledì 10 febbraio 2016

Quando il tango ci mette lo zampino... Appunti dopo C Come

Voglio condividere con voi una storia davvero bella, di quelle dove il tango ci mette lo zampino e ti scombussola, se non la vita, almeno la giornata.

Come forse qualcuno dei miei lettori sa, nella "vita vera" mi occupo (tra le mille altre cose) di comunicazione, soprattutto digitale.

Ebbene, una settimana fa sono stata a Roma a C Come, un convegno su copywriting, content marketing e creatività. 

Perché sono una blogger, oltre che una tanguera!


Quando sono partita, credevo che questa - chiamiamola così - gita a Roma avrebbe avuto almeno tre effetti positivi:

  1. mi sarei fatta un giro a Roma, di cui potete dire tutto ma... è Roma, cavolo! 
  2. avrei visto degli amici carissimi;
  3. avrei imparato un sacco di cose utili e interessanti, molte delle quali pronte da essere sfruttate sul mio blog, ovvero questo.
Ero un pochino triste, in effetti, solo per il fatto che il programma serrato e i pochi giorni non mi avrebbero permesso di andare a ballare nemmeno una volta.

Ma destino, che in questo caso si chiama "tango", ci ha messo lo zampino...


In qualche modo, in questa storia, ci voleva entrare!

Lo ha fatto nel modo più scenografico possibile, direi un po' stile Carramba, che sorpresa.

Nel primo pomeriggio, spazio alle domande, un uomo si presenta prima di fare la sua: "Ciao a tutti, mi chiamo Stefano Cucchi - non quello della cronaca...".
E qualcosa è scattato nella mia testolina. Quel nome lo conoscevo. Lo avevo già sentito, visto, letto da qualche parte.

Rapida ricerca su internet, e su Facebook, e il mistero si è presto svelato: conoscevo Stefano perché frequentiamo assiduamente lo stesso gruppo, che si chiama Il galateo della milonga.

Ehi, ci siete anche voi? Niente da dire, è proprio ben frequentato! ;)


Ma torniamo a noi. Ho aspettato la pausa, l'ho seguito (sì, come una vera stalker!) e gli ho fatto la mia domanda a effetto: "Ma tu balli il tango?".

Momento di sorpresa, io mi sentivo imbarazzatissima (non amo presentarmi a gente che non conosco), ma vedere la sua reazione sconvolta è stato meraviglioso. Mi sono quindi presentata: "Sai, frequentiamo lo stesso gruppo, io sono quella del blog...".

E tutto il resto è storia.



Ma com'è possibile? Sono a Roma a un convegno sulla comunicazione e incontro una Tanguera-blogger che conosco solo su Facebook! #ccome16
Pubblicato da Stefano Cucchi su Sabato 30 gennaio 2016

E qui Elena vuol far la faccia da tanguera pasional :)
Pubblicato da Stefano Cucchi su Sabato 30 gennaio 2016


Foto, racconti di tango e di famiglie, di gatti e di figli, e la promessa di ritrovarci a Torino, magari, per il festival.

Però abbiamo deciso che questo incontro, tra due tangueri comunicatori, andava celebrato ancora più degnamente di così. E quindi, abbiamo pensato a una sopresa per voi: sono orgogliosa di annunciarvi il primo guest post di Raccontango, scritto da Stefano!

Non mancate, vi aspettiamo venerdì pomeriggio.


E voi avete qualche bella storia di riconoscimenti tangueri da raccontarmi, in milonga e fuori? 
Spazio nei commenti! 

lunedì 18 giugno 2012

Quando il tango è una vecchia ciabatta...

Capita, a volte, che un ballerino con il quale ti trovi molto bene scompaia dalle milonghe abituali. Lo consideri un irriducibile, dato che lo trovi in giro minimo due  volte alla settimana, e da un giorno all’altro ti sparisce. Basta, più, nada de nada, nessuna notizia, svanito come sotto il mantello dell’invisibilità di Harry Potter.
Se lo conosci, puoi chiedergli, dopo qualche mese, come va, come mai non si vede più: sarà  per la famiglia, un nuovo hobby, un figlio. Ma ogni tanto è uno sconosciuto, e allora – ve lo giuro, io di solito non sono catastrofista ma mi è capitato di pensarlo – ti chiedi se magari non sia morto, oddio, chi lo sa, magari è stato investito proprio uscendo da una milonga!
Per fortuna, però, ogni tanto i ballerini ritornano. Una sera, ed è tutto così normale, niente preavvisi, te li ritrovi in pista, come nulla fosse successo. Sono passati magari anni, e loro sono ancora lì, la solita camicia di lino bianca, la solita postura elegante, la solita espressione gentile. Ti salutano, ti sorridono, ti invitano, come nulla fosse successo.
Ti viene perfino il dubbio di essertela sognata, quell’assenza.
E quando rispondi alla loro mirada, quando riscopri il loro abbraccio, il tango con loro è come una vecchia ciabatta: comodissima, morbida, come se ti avessero sempre aspettato, e invece capisci quella che li ha aspettati, magari per anni, sei stata tu.

sabato 19 maggio 2012

Una raccomandazione... virtuosa

Ebbene sì, sono stata raccomandata e me ne vanto!
Il fattaccio è successo non molto tempo fa, in una milonga del tutto rispettabile. Dopo varie tande alquanto soddisfacenti, mi sono seduta con l’intenzione di osservare un po’. Avevo già puntato un ballerino ricciuto, dalla postura impeccabile. Stavo cercando di capire dove fosse seduto, così da spostarmi tatticamente alla fine della tanda successiva e mirarlo agiatamente. Nella pista non c’era, un sacco di confusione, le luci troppo basse, ma dove si era cacciato? Forse era in pausa sigaretta o pausa bagno?
Ormai rassegnata ad aspettare la tanda successiva, l’ho improvvisamente visto davanti al musicalizador, che mi guardava. Possibile? Sicuramente stava guardando qualcun’altra dietro di me. Eppure, sembrava proprio che guardasse me. E quello non era un cabeceo?
Be’, a un cabeceo si risponde con un altro cabeceo: ed è quello che ho fatto. Ma non mi sono mossa: mai alzarsi, a meno di non essere completamente e definitivamente sicura di esserne la destinataria! Assurdo però, i desideri non si trasformano in realtà così facilmente. Eppure, lui si è avvicinato proprio a me, e ha ripetuto il cabeceo.
Mi sono alzata e ho fatto un bel sorriso, e abbiamo cominciato a ballare.
Un bel feeling, e lui era davvero bravo. Dopo il secondo tango, mi ha sussurrato sorridendo: “Me l’aveva detto, il mio amico, che eri brava, che non dovevo andarmene senza aver ballato con te!

lunedì 18 aprile 2011

L’intesa perfetta


Sono follemente innamorata. Ho ballato con un uomo che – ‘tangueramente’ parlando – è l’altra metà della mia mela. Con lui è tutto perfetto: l’intesa fisica, i gusti musicali, il modo di intendere il tango, fatto di rispetto e intimità.
Con lui infrango una regola che mi sono imposta di rispettare sempre: ballo di continuo, tanda dopo tanda, finché i piedi non urlano di sedermi, incurante delle cortinas che si susseguono implacabili. Ballo tanghi, vals, milonghe (con una preferenza per i primi due, devo dire), sommersa dalla tenerezza e da quel sentimento di fusione totale simile solamente a quello che si prova a fare l’amore, e a farlo con la persona che si ama.
Con lui ho infranto anche un’altra regola: quella di non ballare altro che tango (o milonga, o vals). Io sono totalmente negata, oltre che assolutamente imbarazzata, in qualsiasi ballo che non sia il tango: mi sento a disagio, sono rigida, mi assale un sentimento di panico che mi fa sentire l’unica persona in tutta la sala a essere uno zero e quindi, di conseguenza, a essere guardata e derisa. Mi sono lasciata però contagiare dal suo meraviglioso senso musicale e dalla sua energia di grande danzatore, e ho ballato (in effetti, ho saltellato) una cortina caraibica che – visto il successo tra i tangueri, quasi tutti rimasti in pista – si è allungata in una vera e propria tanda.
Ebbene, mal di piedi a parte (è pazzesco ballare salsa, o qualsiasi cosa fosse, con un tacco a spillo di 9 centimetri!), è andata benino. Perfino per lui, colpito dalle mie doti di seguidora. Niente crisi di panico con apnea respiratoria, niente rossori diffusi, niente blocco fisico. Non sono nemmeno caduta.
Alla fine però sono stata moooolto contenta che la musica abbia ripreso con il meravoglioso Poema di Canaro, una boccata d’aria fresca.
Il tango ballato con alcune persone (rare come sono le persone da amare, in un sempre sorprendente parallelismo) è una vera magia. Sembra di conoscere davvero la persona che si ha di fronte, quando magari sono solo dieci minuti che si sta insieme, e si viene sopraffatti da un sentimento di affetto (davvero, giuro!) per un perfetto sconosciuto, che potrebbe aver appena messo una bomba nella metro, per quello che se ne sa. Le endorfine che si sprigionano sono quelle dell’amore, e anche il sentimento di totale irrealtà e sospensione dal tempo e dallo spazio è lo stesso. Solo, senza sesso. Magico, no?

sabato 17 luglio 2010

Angeli da tango (1) – Il Nonnino della Milonga

1. Il Nonnino della Milonga
grado di sicurezza **
grado di piacevolezza ****

Dicesi Nonnino della Milonga quell’esemplare di ballerino di tango la cui età è palesemente superiore a quella media – pur alta – dei ballerini maschi, e che per simpatia e conformazione fisica non può non ispirare tenerezza e affetto “nipotale”.
Ha i capelli bianchi, gli occhi buoni, un abbraccio che ti ricorda la tua infanzia. Ogni tanto profuma di biscotti e mele cotte alla cannella. Si veste da nonno, con pantaloni lunghi e camicie a quadretti sotto le quali si intravede la provvidenziale maglia della salute, ovviamente di lana, che la moglie lo costringe a mettere per evitare che prenda freddo in mezzo alle correnti d’aria.

Essendo in pensione da una vita, da circa vent’anni dedica metà del suo tempo ai nipoti, e l'altra metà al tango. Almeno due volte alla settimana parte dal paese con la sua Cinquecento (sempre la stessa, da dieci lustri almeno), con al fianco la consorte, che non balla, e che quindi non scende neppure, ma rimane in macchina tutta la sera a lavorare a maglia, stando attenta che non si avvicinino “i malintenzionati”. Il Nonnino invece entra in milonga alle 8 di sera (e del resto, lui cena alle 6 e mezza, per cui le 8 è già tardi): è il primo. Si siede e aspetta.
Quando i primi ballerini arrivano, un paio d’ore dopo, lui è sempre lì, immobile. La proprietaria della milonga gli si è già avvicinata un paio di volte, apostrofandolo simpaticamente: “E allora, signor Nonnino, tutto bene? L’orto? La sua signora? I nipoti?”. In realtà, non è solamente interessata alla sua vita, ma ha escogitato questo semplice espediente per controllare che sia ancora vivo (lo è) e reagisca a semplici stimoli esterni.

Il Nonnino della Milonga, oltre a dedicare almeno un paio di sere alla settimana ad andare in milonga, da tempo immemorabile ormai ogni inverno va a Buenos Aires, dove ha pure dei parenti emigrati all’inizio del XX secolo (così sfugge l’inverno italiano e si gode due estati all’anno). Lì ha perfezionato il suo stile, che però diventa di giorno in giorno più flebile e minimalista, per ovvi motivi anagrafici.
Quando torna dai suoi viaggi, nelle milonghe italiane si trova spaesato, e cerca invano di ricreare il clima delle milonghe argentine. Si guarda perciò intorno cercando mirade in risposta alle sue, ma solitamente rimane deluso. Quando però tu lo “miri” da un capo all’altro della sala, con un sorriso di incoraggiamento a 56 denti, il suo sguardo improvvisamente si illumina: la tua mirada sortisce un effetto migliore di un’operazione alla cataratta. Ti invita, titubante, col capo (è mai possibile che una ragazza così giovane possa essere interessata a ballare con lui?), e tu rispondi entusiasticamente. Allora lui si alza traballando, fa tutto il giro della pista, con educazione e rispetto di quelli che stanno già ballando, e si ferma davanti a te con un sorriso. Allora ti alzi e lo abbracci. E sa di biscotti e di cannella, e tu senti che sta davvero ballando per te e con te: non cerca di farsi notare, non gli interessano gli altri. Esisti solo tu, e tra le braccia di quest’uomo di altri tempi ti senti una principessa.
E non importa se i passi sono sempre gli stessi: ritorni alla base del tango, alla camminata, e ti concentri sulla musica, che lui conosce benissimo.

Non puoi allora fare a meno di pensare a quanto ne guadagnerebbero i tanghi con i ballerini giovani, se anche loro cercassero l’essenziale: la musica, la camminata e te, la donna.

martedì 6 luglio 2010

L’identikit del (mio) perfetto tanguero

Dopo lunghe frequentazioni di milonghe, credo di essere riuscita a individuare l’identikit del tanguero perfetto (perfetto per me, almeno): quando un uomo corrisponde a questa descrizione, difficilmente mi delude.

Innanzitutto, non è molto alto, che sennò l’abbraccio diventa troppo faticoso (l’ideale è la mia stessa altezza quando ho i tacchi), né troppo magro, che sennò non mi sento sostenuta, né troppo grasso (ma comunque ha un po’ di pancetta, che dà una sensazione di solidità e concretezza).
Pulito, ha un buon odore di bucato e sapone, che non coprono però l’odore naturale (aboliti i profumi stordenti e i dopobarba); può tenere un chiodo di garofano in bocca, che ha un profumo gradevole.
Indossa di preferenza una camicia di lino o di cotone (in estate sono ammesse anche le maniche corte e le polo), e dei pantaloni rigorosamente lunghi di foggia abbastanza elegante (vietati i tasconi laterali e i jeans strappati).

Mi sono innamorata tre volte, stasera...

Se esistono tante tipologie di tangueri che bisogna assolutamente cercare di evitare, è vero che esistono anche molti ballerini (e ballerine) con i quali ballare è davvero meraviglioso. La cosa più bella in assoluto, secondo me, è quando questa perfetta comprensione capita con uno sconosciuto: è molto raro, ma proprio per questo ancora più magico.

Come si fa però a capire, e a “preparare”, in un certo senso, il terreno per una tanda da non dimenticare?


"Walking in an Embrace", di Louis Dallara, su licenza CC BY