Per anni,
la capitale europea del tango è stata
Parigi. Questo primato, negli ultimi anni, le è stato conteso da
Berlino, dove la scena tanguera è giovane e vivace. Un mio recente viaggio a Amsterdam mi ha fatto intravedere tutte le potenzialità di questa piccola e deliziosa città nordeuropea, che rischia di insidiare il primato delle altre capitali, se non per la quantità, almeno per la
qualità del tango ballato.
Amsterdam è una città deliziosa. Capitale dei Paesi Bassi, ha una rete di canali lunga più di 100 chilometri e 800.000 abitanti, di cui circa 200 ballano il tango (tanguero più, tanguero meno).
Per questo, anche solo pensare che diventerà la nuova capitale europea del tango sembra un'ipotesi del tutto assurda.
E infatti, una settimana fa, quando sono partita per l'Olanda,
ho infilato le scarpe da tango in valigia più per abitudine che per reale desiderio di ballare. Qualche anno fa ho frequentato per un po' le milonghe di Liegi, in Belgio, dove ho incontrato persone carinissime e simpatiche, ma che
non brillavano per esperienza, tecnica e cultura milonguera. Ebbene, mi aspettavo che a Amsterdam fosse più o meno lo stesso.
In effetti, avevo sottovalutato Eike (non so come si scrive, ma si pronuncia "èiche"). L'ho conosciuto alla Reina di Bologna e ci ho ballato insieme circa tre settimane fa. Eike è un ragazzo ovviamente alto, ovviamente biondo, ovviamente con un sorriso da lasciare senza fiato. Eike è educatissimo, comunica di preferenza in un delizioso mix di spagnolo e italiano, è olandese e balla decisamente bene. Forse per la sua statura, però, non ho compreso appieno il suo potenziale (
mea culpa, faccio sempre un po' di fatica con gli uomini alti visto che ho un abbraccio molto stretto).
In ogni caso, giusto perché sono pur sempre figlia di mia madre (per chi non conosce la Piera, questa affermazione valga "linguacciuta e senza pudore"), appena ho saputo che era olandese gli ho chiesto
consigli sulle milonghe a Amsterdam, visto che ci sarei andata la settimana dopo per lavoro.
Lui mi ha detto di andare a
Los Locos, il martedì, mi ha salutato gentilmente e è scappato, rifugiandosi nuovamente nel suo nordico riserbo.
Quindi, sono partita con le scarpe in valigia ma poca, pochissima speranza di ballare bene.
"Tanto sarò stanca dopo una giornata in fiera", mi continuavo a ripetere. "Tanto avremo mille cene di lavoro." (Ve l'avevo detto che sono andata a Amsterdam per lavoro, no? Perché
ho un nuovo lavoro. Fatemi in bocca al lupo).
Fatto sta che martedì non c'erano cene programmate, e quando ho annunciato ai miei capi che avrei avuto piacere di andarmene per i fatti miei mi hanno detto: "Vai, vai" (uhm, me lo dice sempre anche mio marito, ora che ci penso: ma non è che tutti si vogliono liberare di me?).
Comunque, a quel punto non avevo scuse:
bisognava andare a Los Locos.
La cosa bellissima degli olandesi è che, come tutti i nordici, mangiano presto, cominciano presto le serate, e poi le finiscono presto. Così al mattino sono freschi come delle rose per andare a lavorare, e la sera cominciano a ballare alle 19.30. Sì, avete capito bene: alle sette e mezza.
Io che sono nordica ma non così tanto, ho preso il bus, 20 minuti dall'appartamento dove stavamo, in zona sud, e
sono arrivata alla milonga, comodissima e ben servita dai mezzi, sulle 9 e un quarto.
Suono, mi aprono, e nell'atrio trovo un signore di una certa età che si sta infilando le scarpe. Entro nella sala e - seguendo le indicazioni - vado al bancone per pagare l'ingresso (5 euro), e trovo Koos (si pronuncia tipo "khòs", con la
h aspirata, anzi rantolata, quel bel suono tipico dell'olandese), gentilissimo come tutti, che mi dice con ariaun po' svagata di lasciare il cappotto nell'atrio dove c'è il guardaroba. Esco di nuovo, trovo il signore di prima che mi sorrido e mi dice: "Ci vediamo dopo".
Quando rientro nella sala, finalmente mi guardo intorno. Ci saranno circa 30 persone in tutto, 4 o 5 coppie che ballano. Mi colpisce subito il fatto che praticamente tutti siano
abbondantemente sotto i 40 anni.
Mi siedo, un po' defilata, e osservo.
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L'ingresso della milonga Los Locos, a Amsterdam |
Finita la tanda, il signore del guardaroba mi si avvicina, lo guardo, ci invitiamo.
"Che fortuna!", penso appena lo abbraccio. "Ho trovato
un Nonnino della Milonga!".
Si chiama Stan Lee, ha
un abbraccio morbido come un cuscino e balla con tutto il cuore. Mi dico tra me e me che se pure non ballerò con nessun altro, la serata non sarà stata sprecata, per quell'unica bellissima tanda.
Ma appena mi risiedo, arriva un altro invito. Sempre con
mirada e
cabeceo. E ballo meglio di prima, con un ragazzo della mia età con un senso della musica pazzesco.
Mi riaccompagna al posto alla fine della tanda, mi siedo, e succede di nuovo la stessa cosa, altro invito perfetto, altra tanda meravigliosa con un altro ragazzo carino e bravissimo.
[Piccolo inciso: come gli uomini, anche noi donne siamo sensibili a bellezza e gioventù, soprattutto se abbinate a bravura e musicalità. Questo non significa assolutamente che non balliamo o non vogliamo ballare con tutti, purché garbati e profumati! In ogni caso, a me piacciono i mori con gli occhi verdi, ma devo dire che pure sti olandesi alti e biondi hanno il loro perché. Fine dell'inciso.]
La serata è proseguita in questo modo, senza sosta, con
i ballerini che facevano la fila per ballare con me. E tutti con tecnica e cuore!
Ormai ero pervasa dall'entusiasmo,
in pieno delirio da male ai piedi, tanto da farmi sragionare. Forse proprio per questo ho cominciato a farmi delle domande.
1. Perché tutti volevano ballare con me?
I miei parametri di bravura e bellezza sono assolutamente nella media (se non leggermente al di sotto, viste le bellissime, biondissime e leggiadre ballerine olandesi che costellavano la milonga).
2. Come facevano tutti a ballare così bene?
Ricordiamo che si trattava di una milonga infrasettimanale, dove notoriamente il livello è più basso rispetto a quello delle milonghe del weekend.
Mi sono data queste risposte.
Tutti volevano ballare con me un po' perché
ero una faccia nuova, in un posto dove di facce nuove, effettivamente, non credo se ne vedano molte. Infatti, molti ballerini mi hanno raccontato che loro
si spostano molto in giro per l'Europa, andando a festival e
encuentros praticamente una volta al mese.
Probabilmente questo è anche uno dei motivi per cui ballano così bene e sono così bravi a interpretare
lo spirito sociale del tango. Sono abituati a spostarsi, a invitare persone nuove, a confrontarsi con diversi stili di ballo e diverse culture, e soprattutto conoscono profondamente le difficoltà di entrare in una sala non conoscendo nessuno, non essendo nessuno.
Una delle cose che mi ha colpito di più, poi, è stata la
mancanza di competizione tra ballerini e scuole di tango: l'atmosfera che si respira a Amsterdam è rilassata, il momento degli annunci (fatti con naturalezza solo in inglese, a beneficio mio che purtroppo l'olandese non lo mastico per niente) ha coinvolto chiunque avesse qualche evento in programma, e non solo gli organizzatori della milonga.
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Santa Milonguita, a Amsterdam |